A proposito delle dottrine grammaticali di Virgilio Marone

Giovanni Polara
Università degli Studi di Napoli
Riassunto

Il confronto fra le teorie grammaticali di Virgilio Marone e quelle correnti nella tarda antichità e nell’alto medioevo è cosa non facile: a differenza degli altri trattati dell’epoca, le sue opere non seguono (e non tentano di seguire) un’organica linea di esposizione, ma procedono per singole osservazioni, ed alternano a parti che possono sembrare riprese dai grandi autori come Donato ed Isidoro, per riaffermare o più spesso per confutare le posizioni da essi espresse, altre e più ampie sezioni completamente innovative, che rispondono solo alle imperscrutabili scelte di Virgilio, quali che ne siano le recondite motivazioni.

In questa nota si è cercato di riordinare, nei limiti del possibile, alcuni aspetti delle trattazioni contenute nelle due opere virgiliane, allo scopo di operare un primo confronto con il modello dell’Ars maior, certamente non ignoto al grammatico medievale, che dà il nome di Donato ad uno dei personaggi presenti nelle sue opere e quello di Don, abbreviazione di Donato, al fratello. Ci si è attenuti alla disposizione delle singole parti del discorso, così come sono elencate nell’Ars maior, nelle Epistole e nella parte centrale delle Epitomi, per distribuire la materia in forme più omogenee e più agevolmente sovrapponibili.

In alcuni casi è possibile individuare affinità di argomenti (ma assai meno di teorie o di esposizione) che non sono certamente casuali, e potranno essere oggetto di utili ulteriori approfondimenti tendenti ad individuare la tecnica secondo cui ha operato lo scrittore; in altri invece non si è potuto far altro che esporre sinteticamente le sue posizioni, tralasciandone comunque gli aspetti più personali ed anomali. Si è ritenuto comunque che anche questo potesse riuscire utile ai fini di ulteriori ricerche che puntino a delineare con maggiore precisione i suoi rapporti con i testi grammaticali canonici.

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